Su Frontiers in Science: ripensare la medicina dopo la pandemia
L’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia da COVID-19 ha portato a un radicale cambio di passo in numerosi campi della medicina. La review Standing the test of COVID-19: charting the new frontiers of medicine, pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Science e firmata da Simon Cauchemez, Giulio Cossu, Nathalie Delzenne, Eran Elinav, Didier Fassin, Alain Fischer, Thomas Hartung, Dipak Kalra, Mihai Netea, Johan Neyts, Rino Rappuoli, Mariagrazia Pizza, Melanie Saville, Pamela Tenaerts, Gerry Wright, Philippe Sansonetti e Michel Goldman, analizza proprio l’impatto della pandemia da COVID-19 sulla ricerca medica e sull’innovazione.
Ripensare le malattie. La pandemia COVID-19 ha reso evidente l’importanza di ripensare il concetto di malattia sulla base delle interrelazioni dinamiche ed eterogenee che intercorrono tra caratteristiche fisiche e genetiche, co-morbidità, esposizioni ambientali e condizione socioeconomica di ogni individuo. Queste complesse connessioni hanno portato alcuni esperti a etichettare il COVID-19 come “sindrome”, sollecitando risposte integrate di sanità e salute pubblica che fossero in grado di affrontare questi nuovi fattori di concerto con il mondo della ricerca.
I progressi della ricerca. A cavallo tra il 2020 e il 2022 è stato registrato un aumento del 9% nelle pubblicazioni scientifiche, e circa il 7% del totale riguardava o includeva un riferimento al virus SARS-CoV-2 o alla patologia COVID-19. Gli insegnamenti derivanti dall’esperienza della pandemia non riguardano esclusivamente la scienza delle malattie infettive, bensì sottolineano la necessità di una visione globale della salute come un complesso equilibrio tra molteplici fattori. Grazie alle diverse esperienze e competenze degli autori, il paper Standing the test of COVID-19: charting the new frontiers of medicine offre una prospettiva multidisciplinare sul futuro della medicina costruita sulla base delle intuizioni raccolte durante gli anni della pandemia. Il focus verte su 4 diversi ambiti, ovvero l’individuazione di nuove strategie per combattere le malattie infettive, l’implementazione della medicina personalizzata per rispondere in maniera più efficace alle esigenze dei singoli pazienti, la valorizzazione della systems medicine e della data science per il miglioramento dei processi e, infine, il potenziamento della public health science per affrontare le disuguaglianze di salute.
Nuove strategie contro le malattie infettive. La nascita dei vaccini, grazie agli esperimenti pionieristici di Edward Jenner e Louis Pasteur, ha segnato i primi grandi successi nella lotta alle malattie infettive. Oggi, quasi due secoli dopo, la vaccinazione rimane fondamentale per proteggere milioni di persone e continuerà a essere un elemento chiave della sanità pubblica anche in futuro. Tuttavia, secondo gli autori è necessario fare uno step ulteriore e adottare sempre di più una logica One Health, un approccio integrato che riconosce l’interconnessione tra la salute umana, la salute animale e la salute dell’ecosistema. Questo concetto parte dal presupposto che la salute di tutte le specie viventi e dell’ambiente sono strettamente legate tra loro e che per affrontare efficacemente le malattie e i problemi di salute globali è necessario un approccio collaborativo e interdisciplinare.
La medicina personalizzata. L’eterogeneità fenotipica del COVID-19 è stata evidente fin dall’inizio della pandemia: lo stesso virus, infatti, poteva risultare letale per alcuni individui e manifestarsi in maniera totalmente asintomatica in altri. Gli studi in merito hanno dimostrato come l’età avanzata fosse un importante fattore di rischio insieme all’obesità, al diabete di tipo 2 e ad altre comorbilità, portando allo sviluppo di terapie mirate per i soggetti vulnerabili. Sulla base di queste e altre osservazioni, è evidente come l’approccio della medicina personalizzata possa portare significativi benefici nella cura delle malattie, permettendo di adattare le terapie alle specifiche caratteristiche e ai bisogni individuali dei pazienti, migliorando così l’efficacia dei trattamenti e riducendo i rischi associati.
La systems medicine e la data science. La pandemia COVID-19 ha sottolineato come le decisioni in materia di salute pubblica dipendano dai numeri: le incidenze della malattia, i tassi di positività, i tassi di ospedalizzazione e i decessi sono diventati materia quotidiana non solo per i decisori e i responsabili della salute pubblica ma anche per un pubblico più vasto. Ciò ha evidenziato la necessità di metodi analitici solidi per interpretare grandi volumi di dati complessi, supportare la definizione delle best practices in un contesto di elevata incertezza e per ottenere informazioni scientifiche accurate. In questo contesto, come sostiene la review, l’analisi computazionale avanzata e l’intelligenza artificiale possono rivelarsi fondamentali. Inoltre, la possibilità di integrare caratteristiche cliniche e genomiche, fattori immunitari, dati sul microbioma e altre misure antropometriche in un approccio di systems medicine potrebbe consentire di riproporre gli interventi medici esistenti in modo personalizzato.
Un approccio globale e inclusivo. Tra le popolazioni maggiormente colpite dall’infezione da SARS-CoV-2 risultano soprattutto quelle dei paesi a più basso reddito. Secondo gli autori, le variabili economiche, geografiche ed etniche hanno raddoppiato o addirittura triplicato i tassi di mortalità, anche a causa della scarsa disponibilità di vaccini e cure adeguate. Una situazione che necessita di specifiche misure correttive, tra cui l’integrazione dei paesi a basso e medio reddito all’interno delle strategie sviluppate nell’ambito della preparazione e della risposta a pandemie o altre emergenze sanitarie.
Clicca qui per leggere la review su Frontiers in Science: Standing the test of COVID-19: charting the new frontiers of medicine.
23 Luglio 2024